di Giammaria Maffi
“Spinaceto, pensavo peggio. Non è niente male”
Nanni Moretti in “Caro Diario”
Lo spazio architettonico di una città è spesso inteso nella sua accezione generica di macrocosmo organizzato per rappresentare il territorio su cui insiste, un vasto sistema di segni e forme che dà vita ad un tessuto connettivo riconoscibile e riproducibile; invece la sua unità elementare, rappresentata dal quartiere, se da un lato costituisce una matrice attiva per l’espansione territoriale, dall’altro è il microcosmo che localmente unifica le esperienze e dilata le percezioni di chi lì risiede, così da assumere i connotati di uno spazio misurabile e vivibile, che diventa luogo proprio nella relazione con il fruitore, nel suo farsi appunto incontro ed esperienza quotidiana. Per una città millenaria come Roma la forza delle sue radici storiche è stata tale da favorire sempre innegabilmente la propria identità di macrocosmo territoriale, mentre il suo successivo sviluppo oltre la cinta consolidata ha testimoniato la difficoltà di costituire dei validi microcosmi urbani, e questa fatica le ha impedito di riproporsi sotto una chiave nuova come spazio della modernità, orizzonte fisico e simbolico dell’essere contemporaneo. Tra gli esempi più autorevoli della passata pianificazione ancora oggi colpisce la fissità emblematica, l’estetica purista e la dimensione in grande scala del cosiddetto quartiere Eur, rappresentato fra gli altri dalle celebri architetture di Adalberto Libera, Pierluigi Nervi e Luigi Moretti, mentre a circa 5 chilometri più in là suscitano molti interrogativi il disegno e la qualità urbana di un quartiere residenziale relativamente recente come Eur-Spinaceto, comunemente indicato con il solo appellativo di Spinaceto. Esso si distingue per l’andamento sinuoso dei suoi tracciati viari, pensati in modo tale da connotare questo insediamento di una certa spazialità fluida, sostenuta peraltro da alti edifici in linea che si alternano ai lati della vasta sezione stradale (variabile dai 200 ai 300 metri), seguendo le variegate giaciture del disegno urbano e costituiscono lo scenario paradigmatico di questo nuovo ambiente metropolitano. Frutto di una ricerca urbanistica interessata a governare il processo di espansione territoriale delle città in maniera pressoché totale, il singolare master plan di quest’insediamento per circa 40.000 abitanti, progettato tra gli altri dall’arch. Lucio Barbera, attuale preside della Prima Facoltà di Architettura di Roma “Ludovico Quaroni”, provocò fin da subito una profonda spaccatura nell’opinione pubblica, tra quanti vedevano in esso il significato di una proposta coerente con le nuove politiche per la casa, ed altri che ne leggevano l’aspetto meramente ideologico e populista della sua realizzazione. Di fatto si temeva il forte impatto di una tale concentrazione di abitanti in una zona suburbana non collegata al sistema infrastrutturale della città e la scarsa qualità in sé della proposta architettonica presentata, perché vista in chiave astratta come una sorta di grande incubatore sociale, protagonista tragico suo malgrado di degrado e marginalità. Inevitabilmente un tale approccio si limitava a considerare la componente di isolamento con il resto del territorio romano, quasi a testimoniare la solitudine che simbolicamente attanagliava ieri come oggi l’uomo moderno. Così tra molte polemiche, malgrado non proprio come da progetto e nonostante tante difficoltà, il quartiere venne realizzato in tempi brevi, come anche le opere di urbanizzazione primaria e le scuole dell’obbligo. Diverse le novità del suo programma edilizio: un sistema viario principale che attraversa nei due sensi il quartiere, al centro negozi ed uffici all’interno di centri commerciali, mentre ai lati sono distribuiti i palazzi ed i sistemi di verde residenziale. Spinaceto ad un primo approccio sembra essere una realtà da dover vivere in fretta, un brano di città che si presta a diventare non tanto il set di una campagna pubblicitaria patinata, quanto piuttosto lo scenario per una protesta metropolitana, uno dei tanti esempi di quella Roma periferica che fatica a trovare la sua identità di luogo. Paradossalmente l’esperienza progettuale del quartiere nasce dalle premesse teoriche della regola e dell’integrazione, nel senso che sviluppa le componenti più squisitamente urbanistiche e al contempo rilegge gli aspetti specificatamente architettonici di luce e ombra, di percorso e sosta, di origine e tramite, che mai si possono comprendere se non vivendoli, ovvero attraversando proprio quei luoghi che dall’immaginario progettuale sono divenuti realtà tattili, percepibili e percorribili. Alla luce di quanto espresso e superando il disorientamento dell’impatto iniziale, è ancora possibile indagare il quartiere in modo diverso e inedito, per scoprirne le qualità non del tutto manifeste e la validità di molti caratteri della sua proposta architettonica.
Inquadramento storico urbano
Spinaceto è un grande quartiere periferico a sud-ovest della città di Roma, situato ad appena un chilometro oltre il Grande Raccordo Anulare. Realizzato tra le zone denominate Mezzocamino e Tor de Cenci, esso è racchiuso ad est dalla Via Pontina e ad ovest da via di Mezzocamino, oltre la quale sono recentemente sorti gli insediamenti denominati Villaggio Azzurro e Tre Pini all’interno di una fascia di verde che arriva fino a via Cristoforo Colombo. Come per i quartieri limitrofi esso deve il suo nome dall’antica tenuta di Spinaceto su cui è stato realizzato: il termine “Spinaceto” compariva già nel 1536 in riferimento alla Cappella dei SS. Pietro e Paolo, e con il tempo fu usato per indicare un insieme di casali vicini tra loro, costituenti una vasta zona agricola di circa 250 ettari appartenuta ad un solo proprietario. Già all’inizio del XX secolo l’intera proprietà terriera era frazionata in diversi fondi, successivamente sottoposti ad ordinanza di bonifica intorno al 1910 e poi interessati nel dopoguerra dai piani di espansione urbana riguardante l’edilizia economica e popolare, ad integrare gli insediamenti che abusivamente erano sorti nella limitrofa Tor de Cenci. Qui, infatti, famiglie di ciociari, marchigiani ed abruzzesi venuti a lavorare nella Capitale durante il boom edilizio romano, avevano dato vita ad una borgata avente l’aspetto di un piccolo paese, che prendeva il suo nome dall’omonima Torre dei Cenci attualmente incorporata in un casale agricolo. Fu così che nel 1965, come previsto dall’appena approvato Piano Regolatore Generale e grazie alla neonata legge 167/62 per la realizzazione dei cosiddetti PEEP (Piani per l’Edilizia Economica e popolare), su un’area di circa 180 ettari appartenuta al Comune di Roma, coincidente con la vecchia tenuta di Spinaceto e con parte della grande tenuta di Decima, venne realizzato dagli architetti Piero Moroni, Nicola Di Cagno, Lucio Barbera, Fausto Bettinelli e Dino Di Virgilio Francione il quartiere popolare Eur-Spinaceto per circa 40.000 nuovi residenti.
Tale progetto di insediamento residenziale, nato sotto le spinte di una nuova concezione urbanistica e in opposizione alle consolidate legge della speculazione edilizia, si fondava su alcuni principi programmatici: concentrazione degli spazi pubblici e privati in alcuni ambiti specifici per garantirne la massima compattezza e specializzazione possibile, nonché la possibilità di avere ampi spazi per la rete viaria, i servizi tecnologici e zone continue di verde pubblico; disposizione delle aree residenziali in maniera tale da garantirne la visuale sulle attrezzature e la loro partecipazione alla vita collettiva; costituzione lungo tutto l’insediamento di una omogeneità distributiva del sistema residenze-attrezzature, nonché relazione tra le residenze stesse e gli spazi verdi presenti, organizzati in aree specifiche e nel cosiddetto sistema campagna-parco. Elemento caratterizzante del piano di zona Spinaceto era proprio il suo sistema viario organizzato secondo una direttrice a Y con andamento curvilineo (che ben presto conferì al quartiere l’appellativo di Serpentone), per distinguere i grandi complessi in linea delle residenze, posti ai margini del doppio asse viario alberato a senso unico alternato, dai cosiddetti edifici omnibus, strutture multi-piano destinate ad ospitare le attrezzature collettive, messe in centro a costituire una sorta di polo dei servizi. Ad integrare il tutto fu ideata una rete secondaria di collegamenti stradali e pedonali, caratterizzati dalla presenza di sottopassi e sovrappassi viari, pensati per riallacciare un po’ ovunque le due parti del quartiere. Nonostante una rapida realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e dei servizi scolastici per le famiglie residenti, Spinaceto divenne ben presto negli anni ’70 un quartiere dormitorio, data la mancanza di servizi minimi quali i trasporti pubblici ed il non completamento dei fabbricati destinati a negozi, che iniziarono a comparire solo all’inizio degli anni ’80 con la realizzazione del primo edificio omnibus denominato Garda 1. In seguito la costituzione di altri centri commerciali, impianti sportivi, diversi hotel ed uffici per il terziario avanzato, nonché la presenza di due bellissimi parchi naturali -il parco di Decima Malafede, istituito ufficialmente il 1998, che si sviluppa per buona parte ad est della Via Pontina ed il Parco campagna di Spinaceto – e la realizzazione da parte degli architetti La Fuente e Rebecchini della chiesa cattolica dedicata a San Giovanni Evangelista, ha trasformato quello che era ritenuto un quartiere residenziale degradato dell’estrema periferia romana, in una zona polivalente attrezzata, che ancora attende però un collegamento infrastrutturale importante con la città, come il ventilato progetto di sdoppiamento della linea B della metropolitana di Roma fino a Tor De Cenci e la presenza sul territorio di servizi culturali e di svago per giovani e famiglie.
Lo Sviluppo integrato di Spinaceto
Da quando è sorto molte cose sono cambiate e il quartiere si è ancora espanso sia verso la Via Pontina che verso la via Cristoforo Colombo, costituendosi, di fatto, come una città satellite di media grandezza dove i servizi sono molto migliorati e con essi la qualità della vita. L’integrazione di questo lembo di città è passata attraverso l’istituzione di una rete civica che trova nell’associazionismo organizzato un valido partner per la costituzione di comitati locali, di iniziative mirate, di proposte culturali e sociali per la salvaguardia, il controllo e l’organizzazione del territorio. Tra i gruppi qui presenti ricordiamo il “Comitato di quartiere Spinaceto” e le associazioni “Parco di Spinaceto”, “Italia nostra”, “Colle della Strega” e “Le Betulle”, costantemente impegnate in un lavoro di comunicazione e sensibilizzazione della cittadinanza, che si sta dimostrando una strategia vincente soprattutto nel settore della tutela dell’ambiente dall’edificazione incontrollata ed il rispetto delle aree verdi storiche. Il loro impegno profuso per la valorizzazione di queste zone ha permesso di ottenere un grande risultato per il quartiere: nel mese di maggio 2006, dopo un grande lavoro di confronto attento e non sempre sereno con la cittadinanza, la giunta capitolina ha approvato il progetto grazie al quale la storica società Rugby Roma potrà avere la sua casa nel Parco di Spinaceto. Qui nascerà, infatti, il cosiddetto polo del Rugby, arricchito da un centro fitness, comprendente una palestra, una piscina ed una pista olimpionica per il pattinaggio. Il primo progetto redatto insieme alle associazioni di quartiere è stato approvato dalla giunta capitolina per accelerare il processo del complesso sportivo, la cui realizzazione sarà effettuata da una società privata secondo la formula istituita dei “punti verdi di qualità”. Si stima che per effettuare le opere di riqualificazione del parco di Spinaceto con la realizzazione delle nuove strutture, occorreranno circa 14 milioni di euro, ed i lavori dovrebbero concludersi entro la primavera del 2008. A garanzia del rispetto del parco campagna di Spinaceto la Giunta capitolina ha designato gli stessi cittadini in qualità di ispettori ufficiali dell’intera operazione, ritenendo il progetto un vero e proprio fiore all’occhiello per il miglioramento del quartiere. Così da questa sorta di incubatore sociale sono nate diverse realtà vitali e propositive che restituiscono dignità al quartiere rivitalizzandolo e restituendo quei servizi che mancavano. Tra le esperienze più significative ricordiamo la costituzione de Il Teatro della Dodicesima, nato grazie all’attività dell’associazione “Spinaceto e cultura teatro Boomerang” creata nel 1990 da Claudio Cilli e Gabriella De Rosa. Vero e proprio teatro d’arte del XII Municipio, esso non solo propone un calendario di tutto rispetto con spettacoli realizzati da diverse compagnie italiane, ma si pone sul territorio anche come laboratorio artistico per i giovani che vogliono cimentarsi sul palco e a quanti vogliono provare anche solo come esperienza ludico-espressiva la realtà della finzione scenica. Ad allargare ulteriormente il panorama della comunicazione, della fruizione e della condivisione dell’informazione per i giovani, nell’ambito dell’ormai decennale attività del centro sociale Auroemarco (www.auroemaro.org), è nato inoltre il cosiddetto Spinacity Medialab, un’infrastruttura di telecomunicazione sui generis ad uso comunitario, ovvero una sorta di realtà multimediale che offre connettività Internet, organizza momenti di autoformazione, fornisce la possibilità di operare P2P (Peer to Peer) e cerca di porre all’attenzione sia del popolo reale residente che di quello virtuale di internet alcune tematiche di natura tecnologica, nonché possibilità creative e cooperative per la gestione e l’organizzazione dei contenuti dell’informazione.