Ammetto che l’idea di dover percorrere tutta quella strada all’indomani di un giorno in cui avrei tanto voluto mollare tutto – ancor prima di cominciare – non mi allettava affatto.
La notte è corsa velocemente, probabilmente per via dell’ adrenalina provata per quell’esperienza che mi sarei risparmiata, mi chiedo perché poi di quel pensiero intrusivo ed autoboicottante..
Il cammino è stato prevalentemente all’interno di un bosco dove, di tanto in tanto, si mostravano vecchie querce nodose ed antiche, laghetti e corsi ad aggiungere l’elemento acqua a tutto quel terreno.
Sono stata piuttosto silenziosa. Se dovessi raccontare a voi lettori a cosa stessi pensando, a dove la mia mente stesse in quelle ore correndo, non lo saprei fare.
Il cammino, i paesaggi, la meta, le persone. So soltanto che il non pensare si è interrotto in tre momenti esatti.
Il primo è stato quando dal bosco la strada si è trasformata in quella di un piccolo paese fuori provincia, una di quelle realtà probabili soltanto nei film. Le persone erano tante e di colori differenti, tra me e me mi son detta: “Pensa a quanti desideri in questo cammino”
Ognuno, con il suo fardello più o meno leggero, con la speranza a foderare la suola delle scarpe. Ritmi decisi, ritmi più lenti. Tutto così diverso ma uguale nel motore di spinta verso…ognuno sa verso cosa.
Io non ho portato con me lo zaino, vista la difficoltà estrema della tappa. Da lì il secondo punto di pensiero per la mia mente.
Osservo la mia vita e sento dal cuore nascere un sorriso. È vero, ho poco più di trent’anni e tanto ancora da apprendere dalla palestra della vita però, oggi, mi sento felice.
È bello il mio cammino.
Il terzo momento è stato quando al brecciato ed i massi si è sostituito un pavimento di terra rossa.
Africa.
È stato un tuffo nel cuore e nei ricordi più belli. La terra d’Africa è rossa, arida. Durante la mia esperienza di volontariato percorrevo ogni giorno la stessa strada che si muoveva tra colline e villaggi. Dal convento dove alloggiavo raggiungevo il centro di accoglienza e riabilitazione dove ad arrendermi c’erano i miei bambini e, nel tragitto, sulla terra rossa, vedevo giocare un sorridente giovane d’ebano che si divertiva a correre spingendo con un bastoncino in legno una gomma d’auto, ormai dismessa.
Anche oggi, nei miei occhi, si è figurato il suo sorriso. Lui correva con la sua gomma. La mia mente non va oltre, temo che ricordare possa aprire cassetti che per ora preferiscono essere chiusi, magari fino al ritorno.
È bello il mio cammino.
Infondo, però, un pensiero c’è stato. Il silenzio e la solitudine portano a galla ciò di cui ora, solo, sento la mancanza ma mi dico che Romeo e Giulietta hanno avuto troppa fretta nel voler concretizzare quell’Amore. Avrebbero potuto scegliere di aspettare e, così facendo, insegnare anche a noi a farlo.